27/04/2015

La domanda di lavoro per laureati Sapienza: intervista a Maurizio Sorcioni

Maurizio Sorcioni

Responsabile dello Staff di Statistica, Studi e Ricerche di Italia Lavoro è componente, in qualità di esperto in analisi del mercato del lavoro e valutazione delle politiche pubbliche, al gruppo di lavoro UNI.CO.

E’ stato da poco pubblicato il rapporto di ricerca “La domanda di lavoro per i laureati” redatto con il contributo dello Staff di Statistica, Studi e Ricerche di Italia Lavoro. Ci può brevemente illustrare quali sono, a suo avviso, i principali risultati?
Gli aspetti di maggior rilievo sono sostanzialmente tre:
  1. la rappresentazione fenomenologica delle transizioni al lavoro dei laureati della Sapienza, che mostra come il percorso per accedere al lavoro dipendente e parasubordinato sia estremamente frammentato e difficile con una molteplicità di esperienze solo raramente collegate agli studi seguiti;
  2. gli aspetti metodologici, legati alla possibilità di analizzare in dettaglio la domanda di lavoro riservata ai laureati attraverso l’integrazione tra il sistema informativo dell’Università con l’archivio statistico delle Comunicazioni Obbligatorie. Il collegamento tra i due archivi amministrativi ha, infatti, permesso di descrivere tutti i rapporti di lavoro che i giovani laureati hanno intercettato nei tre anni successivi alla laurea (sia triennale che specialistica) permettendo di analizzare, per micro settore, le tipologie contrattuali utilizzate e la loro durata;
  3. la natura sperimentale del progetto (realizzato per la prima volta solo dalla Sapienza e dall’Università di Padova) che mostra, nel contesto della nuova cultura degli open data, come sia possibile valorizzare il patrimonio informativo amministrativo non solo per le classiche finalità della ricerca ma anche per migliorare i servizi di orientamento al lavoro delle università e per monitorare l’orientamento della didattica universitaria alle esigenze delle imprese nel territorio. 

Considerando l’invito del Governo ad integrare diverse fonti amministrative per definire efficaci politiche attive per il lavoro, qual è l’elemento innovativo di questa sperimentazione rispetto alle tradizionali indagini sulla transizione al lavoro dei laureati?
L’aspetto indubbiamente più innovativo è rappresentato dal fatto che si analizza la realtà nella sua piena complessità fenomenologica, analizzando la domanda di lavoro delle imprese per come essa si manifesta nella realtà. A differenza delle tradizionali indagini campionarie che ci dicono se a tre anni di distanza il laureato lavora o meno, usando i dati amministrativi delle CO siamo in grado di analizzare longitudinalmente tutte le esperienze di lavoro che sono state fatte in tre anni e non per un campione, ma per l’intera coorte dei laureati della Sapienza. L’integrazione tra i due archivi amministrativi permette di disporre di una quantità di informazioni quasi inimmaginabile in passato. Oggi grazie al progetto UNICO siamo in grado di analizzare le transizioni verso il lavoro dipendente dei laureati per tipo di contratto e durata e riflettere, ad esempio, su quali politiche di incentivazione possono essere sviluppate per promuovere l’apprendistato di alta formazione che spesso viene sottovalutato dalla imprese, pur costando molto meno del contratto a tempo determinato. Inoltre, avendo i dati per area disciplinare, voto di laurea, regolarità degli studi, età e sesso, possiamo confrontare i percorsi di inserimento al lavoro per tipologia di indirizzo, senza contare che grazie a questo tipo di analisi disponiamo di mappe assai dettagliate su quali micro settori economici assorbono più laureati, orientando quindi anche i servizi di placement universitario.
 
Quali sono le potenzialità ed i limiti delle fonti amministrative e quali possono essere gli sviluppi futuri?
Le potenzialità ovviamente sono enormi ed è facile intuire i vantaggi di un progetto del genere. E’ come cercare una via in una grande città usando il navigatore satellitare piuttosto che chiedere ai passanti. Tra le potenzialità va sottolineato che la procedura per l’integrazione degli archivi e quella per predisporre la base dati realizzata dalla Sapienza è disponibile per tutte le Università che la richiedano, seguendo, appunto, la logica della piena trasferibilità e trasparenza delle metodologie adottate, inclusi i criteri di classificazioni (titoli di studio, settori economici e tipologie contrattuali) e le procedure software per il trattamento dei dati grezzi. I limiti sono costituiti, per il momento, dal fatto che le Comunicazioni Obbligatorie permettono di tracciare solo le transizioni verso il lavoro dipendente e parasubordinato mentre nulla ci dicono sulle altre forme di lavoro autonomo che i giovani laureati svolgono, soprattutto in uscita dai corsi di laurea che permettono l’accesso alle professioni ordinamentali. Ad esempio non sappiamo che succede a chi apre una partita IVA o chi svolge attività da professionista (avvocati, architetti, medici, ecc.). Per avere queste informazioni dovremmo potere integrare non solo l’archivio dell’università con le comunicazioni obbligatorie ma anche gli archivi dell’INPS dove, appunto, vengono tracciate anche le altre posizioni di lavoro autonomo. In questo modo avremmo un panorama decisamente più completo e potremmo anche calcolare la quota di giovani laureati che non svolgono alcuna attività lavorativa nei tre anni considerati. Ovviamente ci aspettiamo che anche l’INPS metta a disposizione i propri archivi e considerando che l’attuale presidente, il Professor Boeri, è un accanito sostenitore degli open data e della valorizzazione a fini statistici degli archivi amministrativi c’è da augurarsi che tale ipotesi si realizzi presto. 

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