14/12/2012

Stage in Europa? Consigli e indicazioni nel Manuale a cura dell’ISFOL

Perché solo il 22% degli studenti italiani fa uno stage in Europa? Come orientarsi e scegliere un’esperienza formativa fuori dal nostro Paese? A queste e a molte altre domande il "Manuale dello stage in Europa", a cura dell’ISFOL, fornisce dettagliate risposte.
Abbiamo intervistato la Dott.ssa Ginevra Benini, una delle curatrici della pubblicazione, alla quale abbiamo chiesto di spiegarci cos’è questo vademecum e quali sono i preziosi suggerimenti da seguire.
 Manuale dello stage in Europa
La nuova edizione del “Manuale dello Stage in Europa” arriva dopo quattro anni dalla realizzazione del primo lavoro dell’Isfol in materia di tirocini all’estero, che cosa è cambiato nel panorama della mobilità giovanile?
 
Di positivo: è aumentato il numero di ragazzi italiani che vanno a fare uno stage all’estero con i Programmi europei Erasmus Placement e Leonardo da Vinci. Dal 2007 al 2011 i partecipanti, infatti, sono passati da oltre 4.800 a quasi 8.300: in 5 anni non siamo dunque lontani dal raddoppio.
Di negativo: ancora troppi ragazzi fanno uno stage solo dopo aver finito l’università, mentre noi suggeriamo che sia strategico farlo durante i propri studi (ad esempio durante la pausa estiva come fanno gli studenti inglesi o americani), per scrivere la tesi di laurea o fra la triennale e la specialistica per scegliere meglio come, dove e se proseguire l’università. Noi sosteniamo che una volta laureati, masterizzati o diplomati, i giovani italiani devono essere nelle condizioni di poter affrontare il mercato del lavoro, in quanto titolari di un CV che vanti già una serie di prime esperienze professionali, acquisite appunto attraverso uno o più stage anche brevi ma consistenti e svolti seriamente, preferibilmente in un’altra città, in Italia oppure all’estero.
 
Quali sono le “regole d’oro” che un ragazzo deve tenere a mente per progettare uno “stage su misura”?
 
Dopo aver verificato l’opportunità di fare uno stage sia in Italia che all’estero (durante e non dopo il proprio percorso universitario) ed aver concordato con l’Università, in quanto ente promotore, la possibilità di aderire ad uno dei Progetti europei Erasmus Placement o Leonardo Da Vinci, è importante prima di tutto verificare le proprie competenze linguistiche, altrimenti c’è la possibilità di non essere neanche presi in considerazione dalle aziende, soprattutto da  quelle estere.
La seconda regola è quella di scegliere bene l’azienda o l’organizzazione ospitante. E’ possibile selezionarle cercando sia fra quelle già convenzionate con l’Università, sia utilizzando altre fonti come ad esempio quelle indicate nelle Schede Paese del Manuale, verificando sempre la serietà e la solidità economica, attraverso una ricerca incrociata sul web.
La terza regola è quella di esaminare la coerenza del progetto formativo e verificare che il tutor aziendale sia preferibilmente diverso dal titolare o dal dirigente dell’area o funzione dove si verrà inseriti. Se lo fosse, avrebbe ovviamente più tempo da dedicare alla formazione, per una migliore riuscita dello stage: da tener presente che questo accade soprattutto nelle strutture medio-grandi, la cui organizzazione consente la presenza di tutor dedicati e preparati, all’interno delle quali lo stage è molto spesso utilizzato come modalità di selezione dei futuri collaboratori. Si suggerisce pertanto di orientare la propria scelta verso aziende di dimensioni medio-grandi.
La quarta regola è quella di valutare se la durata dello stage sia coerente con gli obiettivi da raggiungere descritti nel progetto formativo. Inoltre, la durata va di pari passo con l’investimento personale da mettere in campo, a fronte della presenza o meno di una borsa di stage o di un rimborso spese: per non rinunciare all’esperienza per motivi economici, consigliamo anche di valutare la possibilità di abbinare  allo stage un piccolo lavoro part-time per qualche sera a settimana o qualche ora nel week end (all’estero le opportunità sono molto più numerose che in Italia).
La quinta e non ultima regola è quella di compiere un’autoanalisi della propria motivazione, delle proprie capacità di risolvere i problemi e di lavorare in gruppo.
 
Lo stage rappresenta per un giovane, oltre che una straordinaria occasione di crescita personale e professionale, il miglior biglietto da visita per entrare nel mondo del lavoro. All’interno del Manuale si riportano alcuni esempi di grandi aziende internazionali che utilizzano lo stage come principale metodo di selezione, quali sono, secondo Lei, le principali differenze con l’Italia?
Tutte le grandi aziende internazionali, italiane e non, per stare sul mercato e, soprattutto quelle quotate in borsa, debbono attenersi ad una serie di comportamenti trasparenti e internazionalmente riconosciuti per il potenziale investitore. Fra le regole della trasparenza a livello globale, indipendentemente dall’origine dell’azienda, vi è quasi sempre una finestra dedicata alle opportunità offerte, normalmente contrassegnata dalla voce “Careers”. A volte si richiede il solo invio del CV, altre volte sono specificate le diverse posizioni o gli eventuali programmi di intership disponibili.
Proprio perché questo tipo di aziende utilizzano lo stage come principale strumento di selezione delle nuove leve, essi sono tradizionalmente molto curati, con un progetto formativo ben strutturato e di solito erogano un rimborso spese o dei benefit, a seconda del Paese in cui viene organizzato lo stage. 
Volendo stilare un elenco delle competenze più apprezzate dalle interviste fatte, emerge soprattutto che le grandi aziende vogliono delle persone capaci di apprendere velocemente con grande elasticità mentale, curiose e allo stesso tempo umili, collaborative e molto motivate, con forti capacità relazionali ed organizzative, che abbiano attitudine al problem solving, sappiano lavorare in team e che conoscano perfettamente almeno l’inglese.
 
Nelle schede descrittive dei Paesi è stata inserita una voce dedicata alle imprese italiane presenti sul territorio europeo. Fare uno stage nella filiera estera di una grande azienda italiana può dare maggiori opportunità d’inserimento e di carriera una volta rientrati in Italia?
Secondo noi assolutamente sì, soprattutto se si sceglie un’azienda italiana che ha una filiale in un ex Paese dell’Est europeo (ad esempio Slovacchia, Romania o Bulgaria) in quanto si dimostra, da un lato, di essere particolarmente disponibili ad apprendere e di avere un certo carattere, mentre dall’altro si va incontro ad un’esperienza per affrontare la quale l’investimento personale è sicuramente più leggero, a causa del costo della vita più basso rispetto a quello italiano, qualora il rimborso spese dello stage non fosse sufficiente a mantenersi nel Paese per l’intera durata del tirocinio.
Anche scegliere (perché se ne hanno le competenze) la filiale estera di un’azienda italiana localizzata in un Paese non solo anglofono, ma dove il tedesco, il francese o anche ad esempio il fiammingo (o olandese) sono indispensabili, potrebbe sicuramente dare un valore aggiunto particolarmente apprezzato nelle successive selezioni per un lavoro vero e proprio.
 
 
Per scaricare il Manuale dello Stage in Europa, cliccare qui

 

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