03/07/2012

Rapporto Isfol 2012 - Le competenze per l’occupazione e la crescita

Mentre nei principali paesi europei la difficile congiuntura economica ha stimolato produzioni, servizi e occupazioni ad alta intensità di conoscenze, cioè ad alto valore aggiunto, in Italia l’investimento in capitale umano ha subito un rallentamento: negli ultimi cinque anni, a fronte di un incremento delle professioni elementari, i lavori altamente specializzati sono diminuiti dell’1,8%, contro un aumento medio in Europa del 2%. Il paradosso è che l’Italia ha una bassa percentuale di occupazione in professioni caratterizzate da elevate competenze (18% contro il 23% della media UE) e, contemporaneamente, tali professioni sono svolte solo in parte da lavoratori con istruzione terziaria (53,6% contro il 70,6% della media UE).
statistiche
L’Isfol sottolinea che mediamente in Europa le retribuzioni dei lavoratori con istruzione terziaria superano del 48,3% quelle dei lavoratori con istruzione secondaria, mentre in Italia tale valore si ferma al 36,2%. Insomma studiare paga ma in Italia paga meno. Dal 2005 i premi retributivi legati ad un maggiore livello di istruzione sono calati in Europa del 4% mentre da noi del 10% (in Germania sono saliti del 10%). Dal 2007 gli occupati con istruzione terziaria sono aumentati in Italia del 10% ma la media europea è pari al 14% (in Germania al 17,8%); il tasso di disoccupazione dei laureati italiani è aumentato dell’1% mentre in Germania è diminuito dell’1,4%.
Il vantaggio fornito dall’istruzione in termini di occupabilità rimane comunque evidente: tra il 2007 e il 2010 gli occupati sono diminuiti in Italia di 350 mila unità; è il saldo tra una contrazione di circa 850 mila persone con al massimo la licenza media o il diploma triennale e un incremento di oltre 500 mila con titolo di studio medio-alto. Anche l’analisi della disoccupazione conferma questo vantaggio. Nel 2011 il tasso di disoccupazione degli individui poco scolarizzati si attesta su livelli doppi rispetto a quelli registrati per coloro che possiedono un titolo universitario: l’indicatore riferito ai laureati è pari al 5,4%, mentre per i diplomati è superiore di 2,5 punti percentuali e raggiunge un valore del 10,4% per chi possiede la licenza media.
I sistemi dell’istruzione e della formazione sono in fase di progressivo miglioramento. Il tasso di conseguimento del diploma di maturità è superiore al 70%. Due terzi dei maturi prosegue il percorso di studi iscrivendosi all’università. Ma rispetto agli altri paesi europei l’Italia continua ad avere il livello d’istruzione secondaria più basso: solo il 56% della popolazione adulta contro il 73,2,% della media UE. Iniziano a ridursi i livelli medi di permanenza degli studenti nel sistema universitario: la percentuale di fuori corso è passata al 33,6% nel 2010-11 dal 37,3% di dieci anni prima. Eppure se nel caso dell’istruzione secondaria il nostro paese sta recuperando posizioni rispetto ai maggiori paesi europei, la diffusione dell’istruzione superiore presenta livelli ancora molto bassi e tassi di crescita inferiori a quelli medi comunitari: la popolazione in età compresa tra i 30 e i 34 anni con titolo terziario rappresenta nel 2011 il 20,3% del totale, contro il 34,5% della media comunitaria; l’incremento medio dell’UE è pari al 12,3% a fronte dell’8,7% dell’Italia.

Tra le criticità va segnalato anche un tasso di dispersione dei giovani 18-24enni ancora alto: il 18,2% contro il 13,3% della media UE.

L’apprendistato rimane uno dei principali strumenti per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro: il numero di trasformazioni in contratti a tempo indeterminato risulta in aumento e cresce l’offerta di formazione a carattere formale. Fra il 2008 e il 2010, come riflesso della crisi occupazionale, il numero medio annuo di giovani con contratto di apprendistato si è comunque ridotto di 100 mila unità, raggiungendo quota 542 mila (-19%). In diminuzione la partecipazione dei minori: da 17 mila del 2008 a 7.550 del 2010.

Quanto alla formazione degli adulti, l’Italia è ferma al 5,8%, una percentuale superiore solo a quello della Grecia. Secondo i dati Isfol, tra il 2005 e il 2010 la percentuale di aziende con più di 9 addetti che hanno organizzato iniziative di formazione è passata dal 32,2% al 45,1% ma la media europea arriva al 60%. L’ammontare finanziario mobilitato per la formazione continua dei lavoratori in Italia è stimabile in poco più di 5 miliardi di euro l’anno. Di questi, circa 1 miliardo viene messo a disposizione dalle leggi nazionali di sostegno (n. 236/1993 e n. 53/2000), dai Fondi paritetici interprofessionali e dal Fondo sociale europeo.

 

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