Quali sono le figure professionali da voi ricercate e quali caratteristiche deve avere un laureando o neolaureato per entrare nella vostra struttura?
Puntiamo soprattutto su neolaureati che abbiano conseguito un titolo di studi specialistico. La prima fase di inserimento in azienda prevede quasi sempre uno stage fulltime: un periodo di formazione on the job che permetta al candidato di conoscere da vicino il settore in cui andrà a lavorare e di entrare in contatto con tutte le aree aziendali di Unilever. E’ una modalità che utilizziamo per qualsiasi tipo di profilo, sia che si tratti di candidati per l’ufficio risorse umane che per il settore finance, ma anche per posizioni di fabbrica o per chi entra a contatto con le divisioni di business, come trade e marketing. Un’altra caratteristica distintiva che definisce il prototipo ideale di candidato è la conoscenza della lingua inglese. Unilever ha infatti una doppia anima, metà inglese e metà olandese. E’ un’azienda con oltre 100 anni di storia e con due sedi principali a Rotterdam e a Londra. Non solo, i team di lavoro sono tutti inseriti in networking internazionali. Non stupisce quindi che la conoscenza della lingua sia un elemento discriminante in fase di selezione.
A livello di caratteristiche personali: Un elemento identificativo di quello che in azienda chiamiamo l’ ‘animaletto’ Unilever, ovvero il candidato ideale che vive bene il suo ruolo e lavora con passione all’interno del gruppo e dell’ambiente, oltre alla curiosità, è il fatto di possedere una forte intelligenza sociale. In altre parole si tratta di capire se il laureato è capace di tarare le sue comunicazioni in base all’interlocutore che ha di fronte, relazionandosi volta per volta con clienti e colleghi in modo corretto e propositivo per l’azienda. Altro requisito, l’umiltà: cerchiamo persone con ottime competenze professionali ma anche sia prima di tutto disposte a collaborare e lavorare in team. In Unilever la regola numero uno è che ogni persona, dal neoassunto al dirigente, si deve fare le fotocopie da sola, non c’è lo stagista addetto a questa mansione. Tutti fanno tutto compreso chi entra per ultimo nell’impresa.
L’Istat, nell’ultimo rapporto “L'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro", sostiene che il 55% dei giovani trova la prima occupazione attraverso le segnalazioni di parenti e amici ma la scelta di affidarsi alla rete informale si riduce all’aumentare del livello di istruzione. Secondo Lei quali sono i passi in avanti che l'università dovrebbe fare per avvicinarsi alle necessità di incontro fra aziende e studenti?
L’università riscuote da sempre la nostra fiducia, a tal punto che non testiamo mai le competenze possedute dal candidato. Dal nostro punto di vista il sistema formativo funziona molto bene. Resta tuttavia un gap che neppure la riforma ha colmato e si chiama orientamento. Lo vediamo nel corso dei job meeting o quando selezioniamo dei neolaureati: nella maggior parte dei casi i ragazzi si presentano a colloquio e ci chiedono quali sono gli ambiti di possibile inserimento. E’ la dimostrazione che non hanno idea di quali possano essere le funzioni da ricoprire in un’azienda strutturata modernamente come la nostra. In questo senso, credo che università e imprese si debbano muovere per guidare e supportare le giovani generazioni, aumentando il know how relativo al mondo del lavoro.