19/09/2011

Intervista al Dott. Marco Bianchi - Autore del libro "Mi sono laureato! E adesso"

Marco Bianchi è avvocato ed autore del libro “Mi sono laureato! E adesso?” edito da Vallardi, un manuale per aiutare i giovani a porsi efficacemente nel mondo del lavoro. Il libro – strutturato in tre macrosezioni - offre spunti e suggerimenti per la ricerca di master e tirocini formativi, per affrontare in maniera vincente un colloquio di selezione e per scrivere il proprio CV.
Proprio su quest’ultimo argomento l’autore si discosta dalla più comune indicazione di usare il formato europeo consigliando, invece, ai giovani di redigere un curriculum ad hoc per far emergere le proprie specificità.

Gentile dott. Bianchi, può brevemente raccontarci cosa l’ha spinta a scrivere un testo-guida per aiutare i giovani a porsi efficacemente nel mondo del lavoro?
Dopo anni passati a selezionare neolaureati da assumere o ai quali offrire  un tirocinio (con rimborso spese e di durata adeguati), mi sentivo sempre più frustrato nell’incontrare ragazzi brillanti e intelligenti, ma del tutto ignari delle dinamiche del mondo del lavoro.  Si presentavano ai colloqui di selezione come ad un esame universitario pensando che soltanto io dovessi fare le domande (mentre di domande loro avrebbero dovuto farmene tante). Ho scritto il libro "di pancia" e ci ho messo dentro i dubbi, le angosce e le ingenuità di tanti neolaureati che ho conosciuto.
La soddisfazione più bella è quando un neolaureato sconosciuto mi manda un mail per ringraziarmi o quando una neolaureata che, dopo aver letto il libro, ha rifatto completamente il CV, al colloquio ha fatto le domande giuste ed è stata assunta.

Per quale motivo nel suo libro “Mi sono laureato. E adesso?” sconsiglia ai giovani laureati di presentare curricula in formato europeo?
Perché il CV Europeo appiattisce e annulla le differenze, le nasconde, rende i candidati più anonimi di quello che sono. Quando si hanno 40 anni il  CV è diverso da quello di tutti gli altri candidati, ma se sei un giovane neolaureato il tuo CV è necessariamente simile a quello di tanti altri. Il CV serve proprio per differenziarsi dagli altri e per cercare di “comunicare” qualcosa al selezionatore che, per un singolo posto di lavoro, ha ricevuto decine di CV Europei (apparentemente tutti uguali). Se poi guardiamo l’esempio Italiano di Curriculum Europeo che si può trovare sul sito europass.cedefop  scopriamo che di Paola, l’ipotetica candidata che ispira il CV, mancano un paio di informazioni non banali: Paola ha una laurea in Lettere Moderne ma non sappiamo quale è il suo voto e neppure il titolo della tesi. E’ vero che non si assume un voto di laurea quanto piuttosto una persona, con un cervello, una personalità, delle aspirazioni, delle passioni, però è certo che si guarda anche alla carriera universitaria.
Sul mio blog (www.neolaureatiprimolavoro.blogspot.com) ho ricevuto molte domande al riguardo, ed ho dovuto scrivere diversi post, per spiegare come inserire voto e tesi nel CV Euopeo.

I giovani laureati fanno sempre più fatica ad inserirsi nel mondo del lavoro. Ritiene che ciò sia dovuto ad una scarsa corrispondenza fra l’offerta formativa universitaria e le richieste del mercato?
Le cause sono molteplici, a partire dalla crisi economica che stiamo vivendo. Conta peraltro il fatto che spesso si  sceglie un certo percorso universitario senza avere una chiara consapevolezza della situazione del mercato del lavoro su cui ci si affaccerà alla fine del percorso intrapreso. Entrare nel mondo del lavoro vuol dire vincere la competizione e ci sono lauree dove i potenziali concorrenti sono molti più dei posti disponibili.

In una nota informativa diffusa dall’ ISFOL, emerge che il 30% dei giovani ancora oggi trova lavoro tramite segnalazioni da parte di amici e parenti:  qual è il suo pensiero in proposito?
Credo che la questione sia più complessa di quel che appare. Oggigiorno le aziende private non assumono a cuor leggero. E allora, quando finalmente si riesce a far partire la selezione, non si ha margine di errore. Soprattutto se assumono  giovani, non si ha tempo di esaminare decine di curricula e di fare altrettanti colloqui di selezione ci si informa quindi se qualcuno conosce degli ex stagisti che si sono dimostrati validi, professionalmente e umanamente, oppure si pensa a qualcuno già apprezzato in passato, magari ad un Master.
Comunque chi assume fa un investimento sul futuro e non è particolarmente incline a preferire un candidato inadatto o non convincente soltanto perché è stato segnalato da un parente o da un conoscente.

Ritiene che il tirocinio sia uno strumento valido per avvicinare i giovani al mondo del lavoro?
Assolutamente si, tanto i tirocini curriculari quanto quelli post-laurea (questi ultimi a condizione che si tratti di tirocini “buoni”, con un tutor ed un rimborso spese adeguati). Il problema è che chi assume è ha spesso bisogno di “rinforzi” e, se potesse, butterebbe nella mischia il neo-assunto/neo-laureato fin dal primo giorno. Se guardiamo le opinioni del mondo del lavoro sui neolaureati (Direttori del Personale, aziende), a cui ho dedicato alcuni post sul mio blog, vediamo che ai  neolaureati viene contestata la scarsa propensione al lavoro di gruppo, alla risoluzione dei problemi, all'apprendimento sul campo, nonché uno scarsissimo senso pratico. Un giovane neolaureato dovrebbe essere ben conscio che viene assunto non perché “sa delle cose, ha delle conoscenze” ma perché, sul posto di lavoro, deve imparare a “risolvere i problemi”.
Pensiamo al linguaggio usato, da un punto di vista professionale, con gli altri. Nell’università studenti e professori parlano lo stesso linguaggio, quasi lo stesso gergo. Quando si entra nel mondo del lavoro si deve imparare a dimenticare quel “gergo” ed iniziare a capire quello che parlano le altre professionalità presenti in azienda, per costruire un team e “risolvere i problemi”. Ben vengano dunque i tirocini, che consentono di acquisire un minimo di esperienza. Spesso, infatti, capita di vedere delle ricerche di personale rivolte a “neolaureati con un anno di esperienza”, il tirocinio serve proprio a poter rispondere a questo tipo di annunci.  

SOUL è il sistema di placement universitario, pubblico e gratuito, che accoglie oltre 58.000 utenti e quasi 4.000 imprese. Nel matching tra un’opportunità di lavoro/tirocinio e un curriculum, il sistema utilizza l’indice di prossimità neurale  in grado di  analizzare non solo gli elementi caratteristici del curriculum che possono provenire dai campi strutturati, ma soprattutto le informazioni normalmente descritte nei campi a testo libero. Secondo lei l’uso di tale tecnologia può costituire un’innovazione per la ricerca mirata di un lavoro? Ritiene che, per i giovani, i servizi di placement universitari siano un canale valido ed utile per la ricerca di un’occupazione?
Ritengo certamente utili i servizi di placement universitari che possono costituire un momento di contatto ed un facilitatore “culturale” e professionale tra i neolaureati ed il mondo del lavoro.
Credo che l’utilizzazione dell’indice di prossimità neurale può essere utile sui grandi numeri, per analizzare una quantità considerevole di CV e riaggregarli in gruppi omogenei (eliminando le comunanze e le banalità dei CV, e facendo così emergere le differenze, che è ciò che cerca il selezionatore). Detto questo ritengo che la selezione definitiva presupponga comunque una valutazione personale e soggettiva, il colloquio di selezione appunto. 

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